domenica 1 gennaio 2012

Un augurio italiano? Che non finisca sempre "prima"

I discorsi ufficiali mi scivolano via, saranno i fatti a salvarci o rovinarci. Ovvero noi stessi, sempre che non ci attacchino altre zavorre per andare a fondo meglio.

Ma se devo scegliere un auspicio per il nostro Paese, in blocco, è che perda la sindrome del "prima". Non è un vizio solo pubblico. Esamini l'orario di un ufficio? Guai se entri dieci minuti prima, e non per tuo sfizio ma perché magari quell'orario non è proprio ritagliato sulla realtà di chi lavora. Nel migliore dei casi, troppi ti trattano male, qualcuno ti invita anche a tornare.

Hai un buono di qualsivoglia natura che devi spendere con ultima data utile stampata in evidenza? Accade che ti presenti a spenderlo, ma scopri che quella data è utile solo per te: doveva venire prima, oggi è troppo tardi. Ma se c'è scritto così, ci sarà pure una buona ragione: be', doveva avvisarmi prima.

Se proprio non vogliamo cambiare - e dunque non essere presi sul serio - almeno siamo più chiari.

Negli uffici esponiamo cartelli più veritieri, anticipando di un bel dieci minuti la chiusura. Qualcuno già lo fa, peraltro: non varcate quella porta.

E se ci sono buoni, bonus e altre diavolerie, si scriva per favore: ultima data 31 gennaio, ma bisogna spenderlo almeno una settimana prima. Così ci capiamo.

Buon primo dell'anno. Ma basta prima!

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