Quando stiamo per entrare nel parco del fiume, un ronzio e una macchia in movimento ci spiegano che stanno tagliando l’erba. Era altissima, dopo questo lungo periodo con il fiato sospeso.
Ma qualcos’altro ce lo stava esclamando prima: il profumo. Mi avvolge ricordandomi il potere di questo rito, ancora la valle è ciò che c’era prima, i miei avi contadini restii a diventare operai.
Si spalanca il cancelletto e io non corro in casa, ma in giardino, già traboccante di felicità per il profumo gridato dai campi, e abbraccio forte il nonno, magro e forte, chino sull’orto con la sua maglietta bianca. Eppure lascerà gli attrezzi, mi stringerà e ballerà con me.
Sto ballando anche ora, su un tappeto d’erba, che lo vedano o no.
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