Ho fatto la pendolare della vita, su tanti treni sono salita con la sensazione anche di un’imbarazzante ubiquità. A volte, in preda alla distrazione, ho sbagliato a scendere, altre non sono scesa sbagliando ancora di più.
Fino a quest’epoca chiarificatrice che mi ha svelato il senso del capolinea. Ho già avuto modo di riflettere su come certi mondi si siano ritratti spontaneamente e siano tornati al loro posto.
Detto in altra maniera, sono arrivata al capolinea con quei treni. E con tutto il sollievo che ciò comporta. Quando il convoglio arriva alla meta finale, indipendentemente dal fatto che tu la apprezzi o no, hai la tranquillità di non poter più sbagliare. Hai incontrato tante persone, chi ti ha fatto ridere, chi ti ha commosso, chi ti ha aiutato e chi ti ha fregato. Di alcuni conserverai un bel ricordo o magari il numero.
Ma intanto tu sei sceso, perché dovevi, perché un nuovo viaggio ti attende oppure vuoi stare fermo per un po’.
Al capolinea, si è tutti spinti fuori, in un’unica direzione. A un certo punto, ti volti e non c’è più nessuno. Sai che quel viaggio è terminato, quella missione archiviata.
Il capolinea che hai cercato confusamente, alla fine ti ha trovato. E tu rivolgi a quel cartello consumato in stazione un saluto finale, traboccante di gratitudine.
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