Nel silenzio appena vacillante del rione dove sono cresciuta, ci devono essere sotterfugi strani di suoni. Lo affermo, perché a bruciapelo si insinua nella mente una canzone lontana.
Questa è la danza del serpente... non riesco a visualizzare dove vi giocassi, ma non distante da qui. All’asilo tra gli scivoli e lo sguardo sorridente di suor Adriana, oppure nel cortile immenso delle elementari. All’oratorio no, perché ci rimasi una sola estate, a causa dell’allergia al ricamo.
Penso ora a questo serpente che scende dal monte a cercare la sua coda. E così raduna bambini, piccoli talenti, e cresce. Che sia questa, mi son detta, la Fase 3, quella personale? Ho perso un pezzo di me stessa, ma mica per il virus e il lockdown, bensì molto prima? Sono stata forse sul monte e lì mi sono accorta che mancava qualcosa, e chissà dove l’avevo lasciata? La vita riprende così, avendo capo e coda.
Allora, giù dal monte, piano piano, guardando ogni angolo, ogni volto. E sempre danzando.
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