Cara Germania, che ho amato. Che ho studiato, il cui linguaggio ho difeso contro ogni accusa di scarsa poesia.
Cara Germania o chi per essa, perché non posso pensare che sia tu che stia ringhiando così, in un linguaggio che non ti renderà forte, ma ti isolerà.
Dietro di te, dentro di te c'è qualcos'altro. Qualcosa che non ti assomiglia. Qualcosa che parla un linguaggio folle.
Non sei il gendarme, né hai diritto alcuno più degli altri. Chi condanna gli altri popoli, è destinato a fallire. La Grecia, la Spagna, noi, il mondo intero... Questa l'ho già sentita, e non è da te.
Non dal popolo che mi ha iniettato il fiore incantato di Novalis, che mi ha trasmesso la Sehnsucht, che mi ha fatto sognare la Loreley mentre accarezzavo l'acqua del Reno.
No, tu non sei la Germania, non sei il suo cuore, non sei la sua fierezza quasi difensiva.
Sei un alieno, che parla al posto suo. E io non ti ascolto. Siamo più forti di te. Noi cicale improvvisate, noi uomini e donne di un mondo che si è fatto divorare lentamente, noi siamo pronti a rinascere in qualche modo.
Cara Germania o chi per essa, cambia linguaggio o ti troverai a parlare da sola.
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