In realtà, vorrei - prima di scivolare nell'incoscienza, come canterebbe Jim - offrire l'ultimo pensiero a te.
A te, Grecia, che non sei terra di cicale. Che hai vissuto come non potevi, perché ti hanno svenduto una vita non tua. Ti voglio sognare stanotte, una notte calda sotto le stelle. La luna che canta, e lui che proclama una poesia, prima di raccogliere le pietre per difendersi dai cani randagi, se ci attaccano.
Avevo appena ballato "I was made for lovin' you" all'aperto, la musica mi rimbombava nelle orecchie nel mio anno più bello. Avevo il suo affetto, che non meritavo; avevo trascorso infinite vacanze in posti infiniti. E ancora mi mancava il concerto rock più folle, in un teatro svizzero dove esplodevo di gioia.
Nel mezzo, quei giorni greci. Quella notte in cui mi sentivo libera. Facemmo l'autostop, perché ci proteggevi tu, e in macchina ci accolse "Such a shame", così ridevamo perché provavamo reale vergogna.
Ma eravamo liberi. Farfalle, non cicale. E vogliamo tornare così.
Per questo ti penso, mia dolce Grecia, e non ti lascerò divorare dai barbari. In qualche modo, ti proteggerò. Fosse anche un sogno.
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