Invecchiando e diventando orso, capisco sempre di più Antonio, un capo che è stato fondamentale per me. Quello che mi ha insegnato a cavarmela nell'era senza telefonini, internet e strumenti onnipresenti, a raccontare tutto ciò che si poteva e persino di più. A non abbassare mai la testa davanti a nessuno.
Oggi, Sant'Antonio da Padova (E qui in omaggio alla devozione familiare sorvolo su ogni considerazione calcistica), mi fa venire in mente un meraviglioso aneddoto orsistico di Antonio, che non voleva mai essere festeggiato, anche se lui ogni anno era il primo a chiamarti per Natale e le feste comandate.
17 gennaio, Sant'Antonio Abate: buon onomastico, Antonio.
Risposta: no, è l'altro.
13 giugno, Sant'Antonio da Padova: buon onomastico, Antonio.
Risposta: no, è l'altro.
Per lui era sempre l'altro. Con l'ombra di un sorriso da mascherare subito, battendo sui tasti della macchina da scrivere.
Auguri, Antonio. In cielo ci sono tutti e due. Mi manchi.
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