Quel pugnale aveva una storia, e sembrava averne orgoglio. Tant’è che si spinse avanti con la propria ombra e superò la sua. Fu forse il primo a sbirciare il padrone di casa, senza che questo se ne accorgesse.
Quindi un urletto di sorpresa: è tua proboscide, piccolo elefante? Entra che ormai i giochi sono fatti, e tu sei il perdente.
L’intruso quasi annunciato, ritirò lentamente il pugnale e lo fece scivolare in tasca, poi percorse il poco spazio che ancora lo separava dallo spazio. Lo accolse una luce polverosa dalla finestra, che immergeva nella foschia la figura sprofondata sulla poltrona
- giochi non sono mai fatti.
Forse, quella frase l’aveva mormorato a se stesso; accarezzò il pugnale in tasca.
(continua)
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