Mi piace così la mia contrada d'origine, quando è ancora imbronciata sotto il buio. La chiesetta di Sant'Antonio addobbata a festa, che rivela i suoi tesori a un piccolo, convinto drappello. Chissà quanti si ricorderanno oggi di entrare e respirare questo cuore in sordina.
Mi piace così, senza folle ansiose, senza bisogno di trattenere il fiato e sgomitare (poi devo tornare su questo sgomitare, ricordalo malu), misurando i passi sulla piazza. In un deserto come quello evocato per Sant'Antonio Abate, così saggio da ritirarsi da tutto tranne che dall'amore. Quel santo ai quali si rivolgevano i miei avi per proteggere le loro case, i loro tessuti, dal fuoco.
Qui nella chiesetta incantata Sant'Antonio ottiene un meraviglioso sguardo, anzi due: dalla Madonna e dal Bambino. Accanto, c'è San Carlo Borromeo, con pazienza. Su quell'altare si sposarono i miei bisnonni e ne focalizzo i volti, specialmente quello minuto e timido di Maria.
Nel deserto di Sant'Antonio, puoi girarti e trovare un amico. La messa è finita, e vorresti bere un caffè. Ma la festa continua e torna il rituale mondano: stasera c'è la cazoeula, ti dice con un mezzo sorriso.
Il giorno si sta risvegliando, sferzato dal vento.
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