Il balenare finale del gustoso "Grosso grasso matrimonio greco" mi ha riportato a quelle tavolate immense in Grecia, con i miei amici, con i miei fratelli. Anzi, prima ancora alle colazioni condivise, quando tra nettare, burro e marmellata si avviavano lunghe conversazioni estive, che con il loro vociare scuotevano subito le giornate.
Erano giornate di pigrizia e amicizia, lo squarcio nell'anno per tornare poi alle proprie occupazioni in terraferma. Sull'isola tutto era dominato dal vento, in concorrenza con il sole, e noi correvamo a vedere la statua del marinaio con la mano che si muoveva per la furia della corrente.
Io mi crogiolavo nella grande famiglia dei miei cari amici, mi sentivo parte di un nucleo immenso, e tremavo d'eccitazione, da piccola figlia unica.
Tornare alle proprie occupazioni. Rileggo quella frase. Quali occupazioni, ora? Quando sento le voci dagli amici greci, quell'euforia non c'è più. Percepisco timori e malinconia, il che mi stringe irrimediabilmente il cuore.
La Grecia e l'euforia perduta. I luoghi comuni buttati in faccia a noi e loro. Ma c'è Qualcosa che i re mida della finanza non potranno spezzare: dobbiamo avere solo la forza di guardare dentro di noi e trovarla. Agire.
Nessun commento:
Posta un commento