Ci pensavo ieri in mezzo ai ragazzi: siamo sempre nell’età
sbagliata. Quando sei giovane, ti raccomandano di avere pazienza, e ti devi
affidare a quel “non ancora”.
Ci pensavo ieri scorgendo degli anziani: erano giovani e
dovevano aspettare, adesso si sentono dire (anche “solo” nei fatti) non più.
L’anziano riferimento per la sua saggezza, messo in sordina da questa corsa
perenne.
Età rubate, la sensazione di non contare: prima “non
ancora”, poi “non più”.
In mezzo i cosiddetti adulti, sui quali c’è una sola
certezza: danno i numeri, in quantità.
Me l’assicura, Arguta Paffuta, e io – come spesso accade – le credo.
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