Lo ritrovai, l'assistente, alla parte principale dell'esame. Scalpitava - lo sentivo - per farmela pagare, visto che ero stata vile e dovevo pur imparare qualcosa dalla vita.
Quei tavoli mi sembravano quelli da gioco: a quale sarei finita io? Statisticamente non potevo approdare ancora a lui, dopo il primo test. Mi aggrappai al rettore, che mi aveva sempre ispirato sana devozione e un senso di seria dolcezza. Sentivo che statisticamente doveva toccare lui alla povera Malu, per nulla portata al mondo teoretico.
Finché lui si alzò e disse: esco un attimo o qualcosa del genere. Lo disse con una tale leggerezza, che lo immaginavo al bar o firmare una pratica, e contavo fiduciosa gli istanti della sua assenza. Poco dopo, mi dissero che era partito alla volta di Roma.
Intanto l'assistente bocciò il mio compagno superbravo, quello che si nutriva di pane e teoretica. Per fortuna, statisticamente non potevo finire con lui.
Ambarabacicicocò: dall'assistente in questione Malu andò. Posso dire che non mi ricordo mezza domanda che mi pose, e ancor meno di ciò che risposi. Mentre il rettore volava verso Roma, l'assistente mi rifilò un voto da paura e si complimentò pure.
Questa è la vita, non Kant. E la fortuna, perché il mio compagno era più preparato di me.
Nessun commento:
Posta un commento