Ti osservo, Arona, ribelle al sonno che ci morde la mente;
frenetica, ma anche vogliosa di riprenderti le tue tradizioni, il tuo passato.
Negozi che sbocciano quasi violentemente, e angoli intonsi che nessuno può
toccare.
Quando passo nella tua strada maestra – che per me si
insinua dal lungolago fino a sfociare ancora verso l’uscita dalle tue salde
mura – minuscola e potente, quando aspiro l’acqua che fugge dalla superficie
lacustre, quando sbircio dall’alto il tuo accendersi repentino e quieto, quando
il San Carlone si staglia silenzioso, a volte un po’ preoccupato della nostra
testardaggine, a volte irrimediabilmente sereno con la testa nelle nuvole
luminose.
In tutti quei momenti e molto più ti voglio bene, ti
accarezzo e ora fremo per venire un giorno – meglio se solitario, perché sai
che sono un orsetto – ad ammirare il tuo parco ritrovato, l’eco della rocca che
sfidava quella di Angera.
Regina Arona, son con te, anche quando distante mi sospingono.
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