Lo chiamo così, perché lo adoro e non posso confessarglielo. Ma sì, è tutto graziosamente spettinato con la sua chioma bianca e nera, immenso e guarda il mondo dall’alto in basso. Per accentuare questa occhiata sdegnata, ama arrampicarsi sui muretti; se è particolarmente incavolato, sceglie recinzioni altissime. Si ficca lì, meglio se mimetizzato con la notte, e scruta chi passa senza battere pelo. Accidenti, non si muove per niente, finché con un fremito riesce a farti sobbalzare.
Ieri Gattonzolo – che è un po’ stronzolo, ma gli piace così – mi ha osservato, con interesse, nelle manovre di salvataggio di un suo simile. Arrivo e vedo una macchiolina immobile per strada, per cui freno pensando a un cartoncino o qualcosa del genere. Invece, la luce mi rivela un delizioso gatto rosso che manco mi guarda ed è intento a leccarsi le zampine. Poi gli esperti mi spiegheranno i reali comportamenti del “gattosustrada”, comunque dopo avergli comunicato in vari modi che così rischiava la pellaccia, si è mosso.
Gattonzolo da lontano studiava la scena. Arrivata alla meta, mi ha fissata, con l’aria ancora sospesa, fermo sul marciapiede. Quando sono scesa dall’auto, lui aveva già trovato un nuovo rifugio: in mezzo alla strada. E se la rideva sotto i baffi, mentre nell’aria mi sembrava di percepire un miagolio sospetto, di scherno e pruriti dilaganti.
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