Ti ho beccato, con affetto. Non ti leggevo quasi più e in fondo così ti (ri)volevo: incavolato, grintoso, senza tracce di malinconia.
Anche se c'è, e non la confesserai. Ma te le ricordi, vecchio amico leghista, quelle invettive che tiravate nelle notti in un paese piccolo e fremente, ormai 15 anni fa, quando già un nodo allo stomaco lo avevate tu e gli altri. Dicevate: non contiamo niente, siamo i trombati... Ci ridevate su, però l'amarezza filtrava tutta. Avevate la rabbia e l'orgoglio, quelli sì, e funzionavano da antidoto.
Vi eravate allontanati. Adesso che il vostro guerriero si trova in queste condizioni, che neanche so definire, ti vedo tornare battagliero. Come se quei 15 anni non fossero trascorsi, come alla tua prima interrogazione - derisa - in un piccolo consiglio comunale perché prendeva spunto da una lastra di ghiaccio nella tua via.
A noi anarchici osservatori sembravate ben strani, e in fondo simpatici, quando non assumevate toni e concetti che stridevano con la nostra fame di libertà, con il rispetto per tutti. Nessun timore. Ti ho conosciuto, ragazzo sempre più cresciuto. E adesso ti risento urlare, come se avessi ancora 20-30 anni.
Non so cosa accadrà del vostro, e degli altri partiti. Però questa tua zampata, lo confesso, mi piace. E ti dedico un sorriso.
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