Ha ragione il mio amico twitterino cavernicolo: chi non è tifoso, non capisce. A partire dal potere della maglia.
I tuoi colori che ti fanno sentire forte (non prepotente), che ti uniscono con un'alchimia irripetibile a una folla mai anonima, che ti sbalzano su nell'aria libero e mai tremante, che ti riportano giù, ma giù non finisci mai davvero.
Quando si ama la maglia, ciò che rappresenta, il suo profumo vero, tutto acquista un altro senso. La mia ha i colori del cielo, bianco e blu che si rincorrono. Ma ce n'è un'altra che si dipinge di gioia per me fin da bambina, rosso e giallo che ricordano il fuoco. Ero sola contro tutti, nella terra del Nord, e nessuno mi poteva fermare.
Quando indossi la maglia, devi anche crearti degli avversari. E dovrai essere implacabile con loro, li dovrai fermare in tutti i leciti modi, dovrai dire: mai con loro. Finché sei in campo.
Ma quando un uomo che indossa la maglia avversaria, sai che la ama davvero, tu non puoi che riconoscere che è un avversario speciale. Una bandiera, in un mondo di banderuole.
Per questo mi inchino a Giorgio Chinaglia, per questo dico: riposa, Giorgione, che la tua bandiera - opposta alla mia e ugualmente vera - non smetterà mai di domare il vento.
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