Nel mio passato di entusiasmo contenuto per le cronache politiche, mi ricordo un episodio che mi ha insegnato più di tante analisi dotte.
Elezioni amministrative di parecchi anni fa. In un tranquillo e operoso luogo che parzialmente seguivo, il numero uno uscente si ricandida per il secondo mandato, ma ecco piombare uno sfidante che tutti davano per vincente o giù di lì. Mi ricordo come in quei mesi - e anche qualche settimana prima - nei corridoi e nei salotti non si potesse trovare un soggetto capace di dichiarare qualcosa di buono sul governante uscente. Difatti, negli ambienti politici e giornalistici, tutti erano pronti ad accogliere la nuova figura politica.
Girando tra la gente (mi perdoni l'amico che so io, per il termine gente) qualche dubbio mi sfiorava. Ma niente, venivo redarguita: non vedi che quello non lo sopporta più nessuno?
Non fu bizzarro vedere trionfare il soggetto che nessuno più sopportava a dire dei soliti informati. L'episodio a cui mi riferivo sopra, è il seguente: incontro lo sconfitto (pesantemente) a un angolo di strada. Parlavamo e in cinque minuti si fermarono almeno dieci persone che lo salutarono, affettuosamente dicendo: cavolo, io ti ho votato.
E mi ricordo bene come sbottò lui, quando l'ultimo elettore presunto si era allontanato: ma Malu - mi disse - ma tutti questi voti dove sono finiti?
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