Sul sentiero di Sansot cammino titubante. Se lo dice lui, posso credergli perché con la sua visione della lentezza mi ha aiutato parecchio.
Sonnecchiare, non prestare attenzione a un mondo che non la merita, ma non piombare comunque nelle tenebre dell'incoscienza. Restare nel dormiveglia.
Sono parole così incoraggianti, nella loro serietà, che mi avvicino a rileggerle.
Sto in disparte, mi defilo, aggiunge. Senza essere vigliacchi. Penso a queste ore devastanti dal punto di vista della comunicazione, in cui ho pensato anche di sottrarmi alla rete; probabilmente, ci penserò ancora. Un amico vicino sta subendo un tale attacco da questo mondo virtuale; un altro, lontano, persino peggio.
Volgarità, grida, sentenze mi spaventano. Guardo le mie labbra, per paura di pronunciarle a mia volta.
Mi defilo. Si può essere presenti, anche con una certa assenza, quando si è scelta la lentezza. Stringo a me queste pagine preziose di Sansot, sperando che mi tengano sempre abbastanza lontana per essere vicina.
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