lunedì 27 aprile 2020

Cos'è l'oro


Sono rimasta quella creatura lì, solo che la torta devo tagliarla io. Credevo di aver osservato con sufficiente cura come procedere, ma devo essere stata sbadata una volta di troppo.

Forse perché si stava troppo bene lì, tra le tue braccia, papà. Anche quando si era distanti, anche quando lo si è, come ora.

Questo è il primo compleanno di questi dodici celebrati non abbastanza vicini, in cui non sono potuta venire a trovarti al cimitero. Non posso negare che mi sia sentita anche incavolata, che lo si sia ancora, come probabilmente saresti stato tu, perché un assembramento al camposanto non mi è mai pervenuto. Nemmeno il 2 novembre, perché in quei giorni non mi faccio vedere proprio a causa della folla.

Per me, il cimitero è pellegrinaggio in solitudine.

Mi viene in mente quando tu avevi il permesso speciale per entrare in auto, due giorni la settimana. Ingresso contingentato, guarda com'eravamo avanti. Eppure avevi un pudore tuo nell'usarlo, quel permesso. Quando lo facevi, parcheggiavi nello slargo sotto il colombario dei nonni. Non potevi procedere oltre, io salivo le scale e tu restavi lì a pregare.

Poi quel pudore è cresciuto. Ti portavo io e posteggiavo addirittura fuori dal cimitero, dovevo entrare io a salutare i nostri cari. Una volta mi sono soffermata un po' troppo, era primavera forse come adesso. Quando rientrai all'auto, tu avevi la testa appoggiata al finestrino, gli occhi chiusi e mi spaventai moltissimo. Tu allora apristi subito gli occhi: era uno scherzo dei nostri sciagurati, ma mica era finita lì, fieramente hai aggiunto.

- Stavo chiamando i vigili, perché avevi abbandonato un povero anziano sull'auto.


E chi era, quel povero anziano?

Oggi volevo venire al cimitero, costasse quel che costasse, e salutarti come facevi tu quando non potevi entrare: restare fuori, con una preghiera. Poi ho optato per andare nella chiesa che lentamente è diventata la nostra: è pure a soli 200 metri. Ho pensato che fosse più dolce farlo lì, dove ti ho detto anche addio.

Quando vengo dove riposi - mi viene da dire fingi di riposare, poiché sei un birbante - io compio tutti i riti che mi hai affidato, consapevolmente o no. Non solo la visita ai nonni, ma da ogni componente della famiglia, ogni amico. Mi mancano tutti ugualmente, dopo questi due mesi, però devo dire che una coppia speciale sono i prozii, quelli che ci affidò il nonno Giannino. Paolo ed Enrico morti giovanissimi, sepolti l'uno accanto all'altro, quando li lascio con una carezza, mi sembra che mi seguano dolcemente, come due guardie del corpo. E poi, loro sono vicini alla piccola Chiara e al campo degli angeli volati via subito.

Però lo so che stai borbottando. È il mio compleanno e guarda che discorsi tristi fai. Vivi! Non lo ha detto, non lo ripete la mamma di Chiara alla sua farfalla, tre volte?

Allora, tra i gesti di vita, ho preso la nostra torta. Di questi tempi, una conquista e devo dire grazie a Lele Magni, perché trovare le mandorle non era affatto scontato. Piccoli sacrifici, che mi ricordano da lontano i vostri grandi: tu me li hai sempre raccontati poco, come il nonno, non volevi affidarmi ricordi tristi. Le privazioni durante la guerra: per fortuna la bisnonna Maddalena aveva un negozio, per cui qualcosa in più si riusciva talvolta a mandar giù.

Cos'è l'oro. Trovare le mandorle per celebrarti. Il gesto di un amico. Tu che mi fai uno scherzo. Io che ti cerco e in qualche modo ti trovo. Perché sono una Lualdi testarda.

Il mio oro, sei tu.

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