Il pensiero di Gilmour (che mese fiorente, quello di marzo, per l'arte) mi conduce al cuore di tutte le canzoni. Per me. Wish you were here, ogni volta è una sfumatura diversa dello stesso dolore.
I critici ci leggono Barrett, le personalità in conflitto nei Pink Floyd e il mondo intero. Io ascolto, leggo, rivivo, ma penso una sola, minuscola cosa: voreri che tu fossi qui. E basta.
Lo vorrei tanto, con tutta me stessa, anche se è impossibile. Proprio perché è impossibile. Ci sono momenti in cui cielo e inferno sono fusi, in cui la gioia di ricordarti è una fitta che toglie il respiro, in cui vibrano in me un tuo sorriso e una tua lacrima (trattenuta, perché tu non piangevi, non davanti a me).
Spero che tutto ciò che scorre in questa canzone non sia reale. Che tu ora sia in una serenità assoluta, che non ci siano più gabbie né ostacoli. Ti vedo con i piedi nudi, immersi nell'erba.
L'unica anima persa ora, sono io. Ed è lo smarrimento che provo nel cercarti che mi stordisce di più. Che tu non abbia più paure, mentre crescono le mie.
Vorrei solo che tu fossi qui. Tu e gli altri angeli che mi guardano, senza che io possa sfiorarne le ali.
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