Un'intervista sulla Roma e sul calcio di oggi mi spinge indietro, con un brivido. È sempre quella ragazzina ostinata, che un padre rassegnato ha portato alla soglia di un albergo. Che si è inventata una balla per tenere impegnato il custode e poi si è spinta nella hall.
Sbattuta solennemente indietro, con rimprovero. Lei sui gradini, affranta, non vuole ammettere il fallimento e sospira. Dev'essere stata una mezza preghiera, perché esce un angelo e le promette che lei incontrerà tutti i giocatori e avrà gli autografi. Deve solo avere pazienza qualche minuto.
Così lei attende, consapevole che gli angeli non scherzano, ma il tempo è qualcosa di indefinito. Aspetta con fiducia e sul suo quaderno di ragazzina verranno vergati tutti gli autografi di quella Roma di 30 anni fa. Falcao, Conti, Pruzzo... Tutti escono e firmano. Di Bartolomei, il grande e serio campione.
Ma prima che la promessa venga compiuta, esce uno di loro. È Sebino Nela: parla con qualcuno che conosce, prende in braccio una bimba e sorride.
La ragazza guarda, col fiato sospeso, il primo dei suoi miti da vicino. Un istante, infinito. Non lo capisce ancora, ma giocano soltanto a pallone. Bello sport, ma un gioco. Lei in quel momento non la pensa così. E guardando il calcio attuale, ripensando a quella squadra, forse nemmeno oggi.
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